Guarda il Video dell’Evento “Cittadino Volontè” del 15/12/2014.
“Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità. Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita”. (Gian Maria Volonté, 1984)
Nato a Milano il 9 aprile del 1933, Gian Maria Volonté scopre la sua passione per la recitazione lavorando, a soli 16 anni, come segretario della compagnia teatrale itinerante “I carri di Trespi”. Dopo essersi diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica nel 1957, interpreta diversi ruoli in teatro, per la televisione e per il cinema. Nel 1962, ottiene la sua prima parte da protagonista impersonando il sindacalista Salvatore Carnevale in Un uomo da bruciare di Valentino Orsini, Paolo e Vittorio Taviani.
La fama internazionale arriva con i western Per un pugno di dollari (1964) e Per qualche dollaro in più (1965) di Sergio Leone. Seguono memorabili interpretazioni, con le quali Volonté dà vita a una straordinaria galleria di personaggi che ne fanno un’icona del cinema di impegno politico e civile. Dal sodalizio con il regista Elio Petri nascono figure come il professore di liceo che indaga ostinatamente su un delitto di mafia in A ciascuno il suo (1967, Nastro d’argento per il miglior attore protagonista); il delirante e omicida capo dell’ufficio politico della questura in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1969, David di Donatello, Grolla D’oro e Nastro d’argento per il miglior attore protagonista); il nevrotico operaio Lulù Massa in La classe operaia va in paradiso (1971). Volonté è il fiero anarchico Bartolomeo Vanzetti in Sacco e Vanzetti (1970) di Giuliano Montaldo, che lo dirige anche nei panni del filosofo eretico Giordano Bruno (1973). Con Francesco Rosi, l’attore incarna, solo per citare alcune interpretazioni, l’ufficiale che comprende l’inutilità della guerra in Uomini contro (1970), lo scomodo capo dell’Eni Enrico Mattei ne Il caso Mattei (1972), lo scrittore e pittore Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli (1979). Con Marco Bellocchio, disegna lo spregiudicato capo-redattore di un quotidiano in Sbatti il mostro in prima pagina (1972); con Francesco Maselli, il militante che cerca di sottrarsi all’ortodossia comunista ne Il sospetto (1975).
La sua tensione verso un’arte che sappia raccontare il proprio tempo e le spinte in direzione del cambiamento si sostanzia, oltre che nella partecipazione a opere attraversate dal tema dell’utopia rivoluzionaria, come Sotto il segno dello scorpione(1968) di Paolo e Vittorio Taviani, Vento dell’est (1969) di Jean-Luc Godard, Actas de Marusia (1976) di Miguel Littin, anche nell’impegno diretto alle battaglie sociali e democratiche di quella stagione, che ha segnato la storia italiana contemporanea. Negli anni successivi, Volonté, senza rinunciare ai suoi ideali, continua a dar vita a personaggi intensi e complessi: ad esempio, il cauto e perseverante reporter televisivo alla ricerca di verità non semplicemente giornalistiche in La morte di Mario Ricci di Claude Goretta (1982, premio a Cannes per la miglior interpretazione maschile); il ritratto sfumato e malinconico di Aldo Moro ne Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986, premio al Festival di Berlino per la miglior interpretazione maschile); il testardo giudice contrario alla fascista pena di morte in Porte aperte di Gianni Amelio (1989, David di Donatello per il miglior attore protagonista). Muore sul set del film Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, il 6 dicembre 1994.
In tutte le sue interpretazioni, Volonté ha portato un peculiare metodo di lavoro, fatto di una dettagliata e meticolosa ricerca per prepararsi al ruolo, per scavare nel personaggio. La sua è una concezione moderna e originale dell’attore, più cosciente e responsabile, in grado di dare al film non solo l’apporto della tecnica recitativa e del virtuosismo, ma anche un “contributo linguistico” e una “partecipazione critica” alle figure cui dà vita sullo schermo, da mettere a disposizione del regista. Un contributo che spesso ne fa un co-autore di quei film in cui è protagonista.